“Anche il pesce è mio amico” disse ad alta voce. “Non ho mai visto e non ho mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercar di uccidere le stelle.”
Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercar di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercar di uccidere il sole. Siamo nati fortunati, pensò.
Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c’è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercar di uccidere il sole o la luna o le stelle. Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
(Il Vecchio e il Mare)
La figura di Ernest Hemingway è abitualmente associata all’immagine di uomo virile, appassionato di caccia e pesca; eppure, come ci invita ad approfondire Marco Mastrorilli con il suo libro Il senso per la natura di Hemingway, questi lati della sua indole e del suo vissuto non escludono un profondo legame con il mondo naturale e i suoi diversi aspetti, dall’amore per gli animali al rispetto per l’ambiente.
Mastrorilli, ornitologo noto a livello internazionale e scrittore, già creatore di numerose iniziative divulgative come il Festival dei Gufi e del canale Youtube Gufotube, è anche un appassionato cultore dello scrittore dell’Illinois, a cui ha dedicato un sito internet, passionehemingway.it. Il suo campo professionale l’ha portato ad approfondire un aspetto ricorrente nella produzione letteraria di Hemingway: il rapporto, a volte contraddittorio, con flora, fauna e habitat.
Innanzitutto le considerazioni fatte vanno contestualizzate con l’epoca e le usanze: il concetto di “ecologia” come viene inteso oggi non era ancora presente, la caccia era mitizzata e molti dei più stimati naturalisti erano essi stessi cacciatori. Lo spirito vitalistico e “macho” dello scrittore americano non poteva non aderire a una certa visione del mondo, pur manifestando già una certa attenzione e critica allo sfruttamento della natura a opera dell’essere umano, alla crudeltà immotivata nei confronti degli animali, al potere rigenerante e terapeutico di foreste e aree selvagge. Nel 1933 nasce il suo amore per l’Africa, terra di contrasti e sensazioni forti, dove l’incontro-scontro tra uomo e natura va in scena tutti i giorni: Verdi colline d’Africa e Le nevi del Kilimanjaro sono testimonianza dell’evoluzione del suo approccio con queste tematiche.
La natura nei libri di Hemingway è anche simbolo e metafora di situazioni e stati d’animo; l’immersione panica nel mondo naturale e la sua intensa percezione, ben esemplificata da Gabriele d’Annunzio in Alcyone , viene condivisa da Hemingway ne Il Vecchio e il Mare, dove emerge l’impotenza dell’uomo di fronte alla forza degli elementi. L’anziano pescatore Santiago si trova in mezzo all’oceano, in compagnia di un enorme marlin, avversari ma uniti, rappresentazione della quotidiana lotta per la sopravvivenza. La solitudine e la piccolezza dell’essere umano al cospetto degli elementi portano Santiago a divenire lui stesso parte del tutto, essere marino che si rivolge al mare come a un confessore e ai suoi abitanti come a dei fratelli.
Ernest Hemingway fu anche un grande amante dei gatti, cogliendo tutto il fascinoso mistero dei piccoli felini domestici: tutt’ora, nella casa museo di Key West, si trovano i discendenti dei suoi gatti, portatori del gene della polidattilia.
Uscendo dai soliti cliché, invogliati alla rilettura o alla scoperta dei suoi romanzi, scopriamo una figura diversa da quella a cui siamo abituati, o per le meno più complessa e ricca di sfaccettature, come d’altronde è quella di ogni vero artista.
(Marco Mastrorilli, Il senso per la natura di Hemingway, Noctua Book, 2022)